mercoledì 4 febbraio 2009

L'UCCELLO CHE GIRAVA LE VITI DEL MONDO di Haruki Murakami

LETTO A: Gennaio-febbraio 2009
CASA EDITRICE: Einaudi
PREZZO: 16,50 euro


L’unica definizione possibile per questo libro è quella di un libro strano, molto strano. Okay, dovrei saperne di più sull’immaginario giapponese per poter capire a fondo tutte le sue implicazioni. Ho riconosciuto vari elementi che nella produzione culturale giapponese sembrano avere un significato particolare (come pozzi, cavalli e gatti), senza però che li abbia compresi bene.

Ringrazio chi me l’ha consigliato perché per le prime 600 pagine mi ha tenuto incollata, i misteri s’infittivano uno dopo l’altro, e anche quando smettevo di leggere per fare altro, inevitabilmente mi riavvicinavo sempre al libro e riprendevo a leggere. E’ stata una bella sensazione. Le ultime duecento pagine del libro, però, mi sono costate una fatica immane. Murakami ha una prosa gradevolissima, ma a volte ce la fa veramente troppo, inutilmente lunga. Purtroppo da questo punto di vista ho assunto un po’ la mentalità editoriale: un libro non deve compiere troppe deviazioni dalla trama principale, soprattutto se sono deviazioni di centinaia di pagine. Ma comunque.

Nel complesso, la scrittura davvero ammirevole per semplicità e immediatezza di Murakami non basta a sopperire il fatto che il libro è costruito male.
Ottocento pagine di misteri e aspettative che si fanno sempre più grandi e agghiaccianti sono, obiettivamente, un po’ troppe. Il risultato è inevitabile: si arriva alla risoluzione finale con un sospiro di sollievo, più che con il fiato corto per l’emozione. In questo caso, la cosa terribile, innominabile e impensabile che afflige la moglie scomparsa del protagonista, risulta essere un “banale” plagio da parte del fratello, che l’ha spinta ad andare a letto con molti uomini. La cosa in sé è grave, certo, ma considerando che ciò viene fuori come soluzioni di mille misteri apparentemente inestricabili che si diramano per ottocento lunghissime pagine, alla fine fa esattamente l’effetto di una bazzecola. “Beh, tutto qui?” viene da dire.
Per il resto, è interessante la caratterizzazione del protagonista, un perfetto “uomo medio” sotto ogni punto di vista, a cui però capitano eventi straordinari. Ed è proprio il suo essere perfettamente medio che gli permette di non soccombere ad essi.
Pessima, invece, la caratterizzazione dell’antagonista, un “vilen” dall’inizio alla fine, senza la minima svolta né cambiamento che gli dia un minimo di spessore.

Insomma, se avesse avuto 400 pagine in meno, questo libro mi sarebbe piaciuto da morire (le deviazioni dalla trama principale occupano esattamente la metà del libro). Ma la lunghezza eccessiva dà uno sgradevole senso di dispersione che fa giungere alla fine del libro non con il rimpianto per il termine della storia che abbiamo seguito, ma con un senso di liberazione.

Peccato. Vabbè.